Un aiuto fisico e psicologico: chi ha scoperto lo yoga intraprendendo seriamente il percorso racconta come la pratica sia riuscita a migliorarlo

Com’è possibile che, in tanti anni, nessuno mi abbia mai consigliato di fare yoga? Ho girato tanti medici, speso molti soldi per sentirmi dire che non avevo niente. Ma io stavo male, pur senza una diagnosi. Stavo sempre male. Oggi sento di essermi tolto una corazza di dosso. Meglio tardi che mai». Stefano Cortesi, forlivese di nascita ma faentino di adozione, ha 48 anni ed è un programmatore di software per macchine automatiche. Nonostante, nella vita, abbia sperimentato diversi sport, tra cui la pallavolo che lo ha visto giocare e allenare in serie D, i dolori non lo hanno mai abbandonato: «Ho sempre sofferto di mal di schiena, mal di testa, cervicale. La notte mi svegliavo in preda al fastidio, senza contare lo stress che mi portavo a casa dal lavoro, stress che somatizzavo di continuo». Solo con ma manipolazione fasciale, a un certo punto, Stefano ottiene qualche beneficio: «Poi, nel 2018, dopo un intervento ai reni la mia salute era di nuovo un disastro. Un giorno un operatore olistico mi ha detto che era la mia testa, a non funzionare. E così scaricavo sul corpo. C’erano fine settimana in cui, dopo tanto nervosismo accumulato, mi veniva la febbre».

Stefano Cortesi durante una lezione di Yoga sul Sup

Mentre è in Australia per lavoro, Stefano entra in un centro massaggi Thai: «L’effetto è stato benefico, ho sentito sciogliersi tensioni e rigidità. Quando sono rientrato a Faenza, ho cercato qualcosa di simile. Ed è così che ho incontrato Melissa Ceroni, che oggi è la mia insegnante di yoga». Al primo massaggio Stefano urla dal male: «Ero tutto contratto, non mi si poteva toccare. Tra gambe, braccia e schiena, era tutto un dolore». Anche se quando pensa allo yoga Stefano immagina posizioni per lui impossibili e un misticismo che poco gli si addice, attraverso i massaggi si incuriosisce: «Il mio primo approccio è stato lo yin yoga, uno yoga dolce che mi faceva addirittura addormentare, per quanto era rilassante. Nel giro di tre lezioni, la notte avevo smesso di svegliarmi per il male». Ma è durante l’estate che Stefano, alla finale di un torneo di pallavolo, subisce un brutto infortunio al muscolo soleo, nel polpaccio: «Dopo un agosto con le stampelle, ho ripreso a fare yoga, avvicinandomi al restorative, che per me è stato una manna dal cielo: ho iniziato a tranquillizzarmi, a sentire dentro di me una quiete inedita, impensabile per la persona che ero, per come vivevo e affrontavo le cose».

Quando arriva allo yoga vinyasa, più dinamico e sostenuto, Stefano sente di aver dato la svolta: «Mi sono messo in gioco moltissimo a livello fisico e anche sul piano emotivo sono arrivati i miglioramenti. Dentro di me si sono raddrizzate un sacco di cose, persino gli strascichi di una storia d’amore finita male. La calma interiore aveva talmente un effetto prolungato che poco dopo è giunta la convinzione di voler dimagrire. Ero 114 chili, oggi a distanza di un anno ne peso 90. Grazie allo yoga, insomma, il cambiamento è stato totale. Chi mi conosce, ha notato la trasformazione. Non sono più quello pieno di paranoie, nervoso e che si tiene le cose dentro. Sono una persona aperta, che si conosce meglio e si ascolta. Lo Stefano di prima è davvero un altro paio di maniche». E visto che lo yoga è un percorso, Stefano a un certo ha provato anche yoga aereo, fino a che, nell’estate 2020, sempre grazie a Melissa Ceroni, ha segnato un’altra tappa: «Con lei abbiamo praticato in mezzo al mare, sul Sup. Per me che non so nuotare, è stato come lanciarmi nel buio. Del resto la mia insegnante dice sempre che bisogna lanciare il cuore oltre l’ostacolo, non accontentarsi della zona di comfort. Io, facendo la verticale sulla testa in acqua, le mie paure le ho sfidate eccome. Ricevendone un grande equilibrio nel senso fisico del termine. E pensare che ero uno al quale tremavano le gambe a salire le scale».

Il Panico

Silvia Grandi esegue un esercizio

L’ansia che avanza, che ti attanaglia, che ti stringe la gola e ti accelera i battiti. Silvia Grandi, 50 anni, ravennate, la conosce bene. Peccato che quando studiava Lingue all’università e ogni esame le procurava agitazione, malessere, battiti a mille e fiato corto, lo yoga di cui le parlava suo padre le richiamasse l’idea di una casta, di una cerchia ristretta di persone che si affidavano a un santone, così staccate dalla realtà. Silvia, però, davanti al padre che insiste, alla fine decide di fidarsi: «Quando sono arrivata alla prima lezione con Rita Babini, che ancora oggi è la mia insegnante, mi si è aperto un mondo: non mi aspettavo una persona così semplice, che spiegasse in modo così fruibile. E non mi aspettavo di riuscire a staccare così tanto la mente. Quando entravo in quella stanza, ero talmente presa a concentrarmi che dimenticavo del tutto le preoccupazioni». Col tempo, prendendo confidenza con la pratica,

Silvia comincia a sentire i primi benefici a lungo termine: «Nei primi tempi si dedicano molta energia e molta attenzione alla parte fisica, per poi accorgersi che lavorare sul corpo serve ad aprire certi canali, a calmare la mente». Ogni volta che, nella fase del rilassamento, arrivava shavasana, la posizione del cadavere, Silvia prima di chiudere gli occhi osservava il soffitto affrescato: «Il senso di sicurezza e protezione, in quei momenti, è inimmaginabile. Ma l’importanza dello yoga la si capisce nel tempo. Per me oggi è automatico, quando mi siedo, tenere la schiena dritta e le spalle lontane dalle orecchie. Per me è normale, se sono in fila alle poste, fare la retroversione del bacino per non sovraccaricare la parte lombare. Così come, quando l’ansia mi assale, spostare la respirazione in basso e farla diventare diaframmatica. Sono piccoli strumenti che è bene avere per le mani, che ci aiutano nella quotidianità. Io sono certa che lo yoga mi abbia evitato più volte l’attacco di panico». Anche in gravidanza, undici anni fa, Silvia ha continuato senza soluzione di continuità a praticare: «Mi ha dato tanto, è nella mia vita da 27 anni. Tra tutti gli asana, adoro quello che distendono la schiena come adho muka svanasana, il cane a testa in giù, e malsana, la ghirlanda».

La podista

Daniela Emiliani ha superato gli infortuni grazie allo Yoga

Correva tanto, Daniela Emiliani. Correva sull’argine del fiume vicino casa, partecipava alle mezze maratone. Peccato che un giorno, molti anni fa, una storta le infiamma il nervo sciatico, procurandole un dolore forte e prolungato alla gamba sinistra: «Una mattina – racconta la donna, 38 anni, di Cotignola in provincia di Ravenna – quando mi sono svegliata non avevo più la sensibilità». Daniela inizia con gli anti-dolorifici a bomba, fino a che un fisioterapista le consiglia di smettere, perché è così contratta che i medicinali non entrano in circolo nemmeno attraverso le punture: «È in quel momento che ho incontrato lo yoga, che mi ha risolto il problema pur non entrando ancora, in modo stabile e continuo, nella mia vita». Qualche anno dopo, un secondo infortunio: «Cadendo nella doccia, mi lusso la spalla destra, tanto da non riuscire più a fare gli asana che allora consideravo più semplici, e che oggi so che non lo sono affatto, banalmente perché nello yoga non esistono principianti e avanzati. Fatto sta che ricomincio daccapo, facendo tesoro della pazienza e della perseveranza che lo yoga sa insegnarci. Riscopro il rispetto per la disciplina e con calma ricostruisco il sistema osso della mia spalla malandata. Attraverso le posizioni, cito il guerriero giusto per fare un esempio, rafforzo il mio corpo e me stessa».

Ma c’è un terzo episodio, nella vita di Daniela, che sancisce l’amore per lo yoga e per la costanza della pratica, per lei del tutto salvifica: «Per molto tempo ho lavorato nell’ambito della moda, nello specifico della maglieria. L’ultima esperienza è stata molto complessa da tanti punti di vista. Ne sono uscita con un importante crollo psicologico. Per indole sono una che va avanti come un mulo, che non dice mai basta. Ma quella volta, era l’ottobre del 2019, sono riuscita a farlo. Stavo male, non riuscivo nemmeno più a presentarmi in ufficio, anzi a dire il vero non riuscivo a superare la rotonda di Lugo». Quando Daniela molla, si è da poco iscritta al corso di Aiyb (Associazione italiana yoga bambini) a Padova: «La mattina, dopo aver portato mia figlia Olimpia a scuola, mi dedicavo allo studio, alla pratica, alla meditazione. Non è stato subito risolutivo, lo yoga. Ma avere un punto fermo ogni giorno, quello sì. Poco a poco, dopo aver ufficialmente chiuso i rapporti lavorativi precedenti, la mia pratica ha iniziato ad arricchirsi moltissimo. E di ritorno da una vacanza con la mia famiglia ad Amsterdam, che mi è servita a fare reset, il lockdown di primavera mi ha dato la possibilità di far fiorire quello che avevo seminato nei mesi precedenti. Quel periodo, con tutto il rispetto per le persone che sono morte, per me ha fatto rima con un meraviglioso oblio di ciò che avevo passato. Dentro, ho sentito il cambiamento: nei miei tempi, nella mia respirazione, nel mio modo di pensare, nella mia capacità di selezionare le cose. Lì ho capito che lo yoga poteva diventare un lavoro e così mi sono iscritta anche al corso per insegnare agli adulti». Con un incastro magico delle tempistiche che mai si sarebbe sognata, Daniela durante l’estate successiva inizia a lavorare nei parchi di Bologna e di Cotignola, fino ad essere scelta come responsabile dell’area bambini allo Yamm Festival di Milano Marittima. Ed è proprio dai bambini che inizia la terza puntata del nostro viaggio.

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