Chi insegna la pratica ai più piccoli racconta come con loro si raggiunga la vera dimensione. Più difficile raggiungere gli adolescenti

Io penso che per un bambino, anche il solo fatto di sapere che lo yoga esiste sia un grandissimo dono. A volte basta un assaggio, poi la disciplina, quando è il momento giusto, torna». Daniela Emiliani, di Cotignola in provincia di Ravenna, nella sua prima esperienza di insegnamento, nell’estate 2020, ha sentito più volte i genitori chiederle se ci sarebbe stato un saggio finale: «Qui siamo completamente su un altro piano: non si richiede una performance e le aspettative dei grandi non c’entrano nulla. In un mondo di bambini iperstimolati, lo yoga aiuta a rallentare il ritmo, la velocità. E non c’è bisogno di mostrare che cosa si fa in una pratica. È importante solo che il bambino sia felice di essere lì sul suo tappetino. E che quando fa bhujangasana, la posizione del cobra, si senta un cobra. Non che sia un cobra perfetto». Questo non significa anarchia ma, più semplicemente, assenza di giudizio:

Daniela Emiliani, di Cotignola

«Del resto lo yoga non può essere una forzatura. Gli adolescenti, per esempio, sono una fascia molto difficile da agganciare. Allora, con grande flessibilità e libertà, lo yoga va proposto attraverso altre strade: quella più affascinante delle storie, dei miti e delle leggende della cultura millenaria a cui appartiene o, ancora, come semplice atteggiamento di cura verso il proprio ambiente e verso gli altri. Il volontariato, per esempio, è un comportamento yogico. A Cotignola, insieme all’associazione Selvatica e a due educatori del centro «Le Marmotte», due gruppi di ragazzi e ragazze hanno curato l’estetica del parco Nilde Iotti lavorando, tra mandala e simboli, alle installazioni per il mio progetto “Vado nei parchi per fare yoga”. Un seme, in quel caso, senza dubbio è stato seminato». Sui più piccoli che già, allo yoga, si sono avvicinati, i vantaggi possono essere moltissimi: «Un esempio per tutti riguarda chi è più restio a sporcarsi, a paciugare con i colori. L’estate scorso ho proposto una pratica legata agli alberi, io stessa mi era disegnata, sul corpo, i rami. E avevo colorato anche i bambini. Un esercizio di libertà. Perché la libertà, soprattutto per chi non ha avuto modo di sperimentarla, si può imparare».

Lontani dal Business

Elisa Tamagnini, vive a Igea Marina.

Ci sono una serie di foto significative, tra i ricordi di Elisa Tamagnini, 38 anni, che vive a Igea Marina. Sono le immagini della terrazza dello «Sri Vasavi Yogashram» che si trova a Madras, nell’India del Sud. Elisa ci è stata cinque volte, toccando con mano la «normalità» dello yoga tra i bambini, la loro flessibilità e conoscendo il maestro Devan Balaji, che nella scuola porta avanti gli insegnamenti del maestro silente di Madras, Sri Sri Sri SatchidanandaYogi: «Io stessa mi sono in parte formata con Walter Ruta, suo allievo. Ogni domenica mattina io e Balaji ci sentiamo per telefono, ultimamente mi racconta che dall’Europa non arriva più nessuno. Lì non c’è lusso e il metodo è tradizionale. Si cerca un rigore, anche nel diffondere lo yoga ai bambini, che per me è impensabile. Eppure, io sono la prima a studiare da dieci anni, a cercare l’essenza dello yoga nei testi. Ormai non so più dove mettere i libri, in casa, mentre vedo insegnanti prendere diplomi in un fine settimana. Io non sono quella dell’asana perfetto ma so che non basta dire quattro parole in sanscrito per essere all’altezza di questo mestiere, dove bisogna continuare ad approfondire. Oggi pare che sei non sei magra, se non sei bellissima, se non indossi i pantaloni più trendy e non hai abbastanza follower su Instagram, non puoi insegnare yoga».

Elisa ha studiato quattro anni alla Sfidy di Milano sotto la guida di Claudio Conte e Patrick Tomatis, per poi proseguire con i corsi e i seminari di formazione continua riconosciuti dall’Associazione nazionale insegnanti di yoga (Yani), di cui è socia ordinaria: «Ho poi deciso di approfondire la parte sui bambini, formandomi al Centro studi Shakti di Milano. Oggi insegno in prevalenza agli adulti, mentre mantengo il mio lavoro di impiegata per vivere. Ma sogno di continuare a studiare, di iscrivermi al master in Yoga Studies della Ca’ Foscari e di aprire, un giorno, la mia scuola di yoga per tutti. Spero anche di tornare presto in India, un Paese che non è esente dalla deriva modaiola dello yoga. Ho visitato, anni fa, Rishikesh, che ne è considerata la capitale mondiale. Bellissimi paesaggi, per carità. Ma lì non ho nemmeno praticato. C’era aria di business, di turismo, di recita. Io sono per uno yoga autentico, anche se per cultura, quando ho i miei allievi davanti, ci metto una bontà e una dolcezza che sono lontane da quell’approccio tradizionale che, considerando lo yoga come un’iniziazione, richiede maggiore rigidità e durezza nell’insegnamento». Quella di Elisa, insomma, è una via di mezzo: «Anche io leggo e studio di digiuni che si spingono fino a 12 giorni. Anche io, nel passaggio tra primavera e estate, faccio i classici 108 saluti al sole. Poi, però, mi confronto con il mio mondo occidentale. Che non mi ha impedito, grazie allo yoga, di avere una porta di accesso alla conoscenza completa dell’essere umano, di arrivare alla parte più profonda e stabile di me stessa. Poi la vita ci porta sofferenze e fregature. Ma la consapevolezza che riusciamo ad avere è altissima». 

Yogabambini

Silvia Santucci lavora come educatrice a Ravenna

Tra i piccoli allievi di Silvia Santucci, che lavora come educatrice a Ravenna e che presto condurrà una formazione sul tema dello yoga al nido, c’è una bambina che alla domanda «perché siete felici di fare yoga, oggi?» risponde testuale: «Quando sono a yoga mi ridono gli occhi, la bocca ma Silvia il cuore». Una risposta che per l’insegnante di Yogabambini racchiude tutto il senso: «Se sei felice dentro, nella vita non hai bisogno di conferme da fuori. Per me lo yoga serve a coltivare nei bambini il seme della felicità, a creare adulti che brilleranno o che, davanti alle paure, sapranno orientarsi verso la zona di luce». Per Silvia il percorso di studi per diventare insegnante è iniziato con il metodo «Yoga in fascia» e oggi prosegue a Milano, con l’Aiyb: «Dopo la prima esperienza, ho iniziato a proporre lo yoga, nel nido dove lavoro, ai bambini dai 20 ai 36 mesi, facendo tesoro di due grandi insegnamenti. Il primo è che al di là del fatto che alcune asana, per loro, sono innate o comunque naturali, vista la flessibilità del loro corpo, lo yoga è il tempo per ascoltare ed essere ascoltati, lontano dalla produttività, dalle richieste con i tempi dei gradi, dalle sollecitazioni esterne. Un tempo nel quale ad agire è la comunicazione non verbale. Il secondo insegnamento è il riconoscimento dell’altro: i bambini hanno un sistema energetico semplice e quando propongo la meditazione dell’abbraccio o i massaggi, all’interno della pratica Yogabambini, sono spinti verso i loro compagni. Non serve chiedere loro di essere gentili: è lo yoga che agisce spingendoli verso l’amorevolezza e il rispetto».

Osservando i bambini durante la pratica, Silvia ha potuto notare come, nei più piccoli, il significato di yoga come unione si concretizzi alla perfezione: «Quando praticano bitilasana, la mucca, o marjariasana, il gatto, uniscono microcosmo e macrocosmo: diventano quell’animale e ne sono l’essenza, mostrando la loro presenza nel qui e ora». Il risultato più importante di tutto questo, per Silvia, è la capacità di controllo del prana delle energie vitali, che si può tradurre come autocontrollo delle emozioni: «Un beneficio enorme che ancora si fa fatica a comprendere. Lo yoga viene considerato ancora esclusivo, per pochi. Si pensa che non sia adatta al bambino, si crede spesso sia qualcosa di magico o strano indottrinamento. Nulla di tutto ciò: lo yoga è esperienza del proprio corpo, è contatto con le proprie emozioni. Ci si arriva con pratiche molto diverse da quelle degli adulti, spesso introdotte da storie, da fiabe. Ed è incredibile notare come nella parte grafica che propongo alla fine, i bambini spesso usino colori e simboli simili per rappresentare il tema che abbiamo affrontato, come la non violenza (ahimṣā), creando un’interconnessione e ricordandoci un grande insegnamento: tutto è uno. Ecco, in quel momento credo di non aver fatto nulla di speciale. Ma di essermi messa solo a servizio dello yoga. Io sono lo strumento ma il viaggio è solo ed esclusivamente il loro».

Una delle grandi ambizioni dell’insegnante, adesso, è avvicinare gli adolescenti: «Ho alle spalle una breve esperienza, che mi ha mostrato come vadano incuriositi attraverso un linguaggio a loro noto, quello delle immagini e del corpo, per esempio. È una fascia di età, per definizione, in tumulto fisico ed emotivo. Ma alla quale si chiede molto: vogliamo adolescenti belli e performanti, in un momento in cui possono sentirsi, invece, insicuri e inadeguati. Lo yoga permette di tornare a sé e di surfare sulle onde di quel tumulto che è giusto esista. Non è facile arrivarci: una possibilità potrebbe essere quella di entrare nelle scuole. Lo yoga sarebbe un’occasione straordinaria per il benessere di tanti adolescenti, come lo è per i più piccoli. Perché possiamo definire un bambino iperattivo ma quando lo vediamo fare adho mukha vrksasana al muro, una posizione che richiede forza, presenza nel respiro e fiducia, capiamo che quel bambino sta imparando la concentrazione e sta compiendo il primo passo verso la consapevolezza».

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